Complice la Conferenza sull’Ambiente (COP26), in corso a Glasgow, e che vede riunite le delegazione di quasi tutti i Paesi del mondo, continua ad essere di grande attualità il tema dell’energia.
Al di aspetti fondamentali, quali il surriscaldamento dovuto all’inquinamento, su cui la contrapposizione tra i Paesi con il maggior utilizzo di energia fossile, soprattutto il carbone, il maggior fattore di inquinamento (che vede Cina e India, non a caso le 2 economie più popolose al mondo, con quasi 3MD di abitanti), e gli “altri” (in primis USA e Paesi UE), quello che in questo momento preoccupa maggiormente i Governi è la ricaduta, su famiglie e imprese, dei rincari dei prezzi energetici.
Sappiamo che, relativamente al nostro Paese, ai primi di ottobre sono scattati rincari di circa il 30% sulle bollette di luce e gas, solo in parte “ammortizzate” dagli stanziamenti del Governo.
Ma il problema è ben più ampio, coinvolgendo tutti i Paesi. Addirittura c’è chi inizia a parlare di blackout, al punto che in Spagna la ministra per la Transizione ecologica, Teresa Ribera, ha sentito il dovere di intervenire per porre fine a voci che stavano portando i cittadini ad un vero e proprio “accapparramento energetico”.
Negli USA, forse il Paese con il maggior consumo energetico (almeno a livello procapite, tenuto conto che la popolazione è quasi 1/5 di quella si Cina e India), la situazione è ogni giorno più difficile. Il prezzo della benzina ha raggiunto $ 3.5 al gallone (1 gallone è pari a 3,785 lt), contribuendo ad innalzare ulteriormente l’inflazione. Ma la conseguenza più grave è il rischio, per il Presidente Biden, ai minimi in termini di popolarità, con uno “share” sceso sotto il 40%, è di dover far ricorso alla Strategic Petroleum Reswewrve (SPR), le riserve strategiche (circa 600ML di barili, conservati in depositi sotterranei in Louisiana e Texas) che dovrebbero assicurare la continuità delle attività (da quelle industriali a quelle militari, per arrivare a quelle della vita quotidiana dei cittadini americani). Riserve che dovrebbero essere utilizzate solo in circostanze drammatiche e/o devastanti, come guerre e uragani: non a caso se ne è fatto ricorso nella guerra del Golfo del 1991 o per quello in Libia del 2005, o per gli uragani sempre nel 2005.
I prezzi sono vertiginosamente aumentati in considerazione della ripresa economica (per quanto gli USA accusino, in questa fase, un certo rallentamento), a cui non ha fatto seguito un adeguato aumento della produzione. E’ noto come i maggiori Paesi produttori, riuniti nell’Opec +, siano restii a mettere in commercio un maggior numero di barili. Russia ed Arabia Saudita, per una volta alleati, vogliono mantenere alto il loro peso negoziale, ben consapevoli di come la loro economia dipenda in gran parte dalle risorse energetiche. Per questo continuano a “non raccogliere” l’invito dell’Amministrazione USA di un aumento della produzione che vada oltre l’incremento di 400.000 barili mese già deliberato nei mesi scorsi.
Biden, quindi, se le cose non dovessero cambiare, è di fronte ad un bivio: attingere alle riserve oppure vietare l’esportazione di petrolio (gli USAsono tra i maggiori produttori al mondo), opzione peraltro non prima di rischi (gli USA hanno un numero di raffinerie ridotto, con una capacità piuttosto limitata). In realtà rimarrebbe una terza ozpione, forse quella meno perseguibile, in quanto piena di insidie, soprattutto in termini politici: dichiarare, di fatto, l’Opec + un cartello illegale, soggetto quindi alla normativa antitrust. Difficile, quindi, che Biden voglia seguire questa strada (verrebbe da dire “come un Trump qualsiasi”….).
Per rimanere in tema, questa mattina il petrolio (WTI) tratta a $ 81,96, sostanzialmente stabile, mentre il gas naturale è in arretramento dello 0,74%, a $ 5,398.
Altra giornata di incertezza sui mercati asiatici, forse influenzati da voci provenienti dagli USA, secondo le quali il Presidente Biden starebbe pensando di sostituire l’attuale Presidente della FED, Jerome Powell, il cui mandato scadrà il prossimo febbraio, con il Governatore Lael Brainard, cosa che farebbe pensare ad una Banca Centrale ancora molto “soft” in termini di politica monetaria. Nikeki in calo dello 0,65%, mentre Shanghai e Hong Kong sono in leggero rialzo.
Futures in leggero ribasso su tutte le piazze.
Detto di petrolio e gas naturale, troviamo l’oro a $ 1.827, anche se questa mattina appare leggermente debole.
Spread in recupero, a 111,70 bp, con il BTP sempre sotto lo 0,90%. Ieri è iniziato il collocamento del nuovo BTP Futura, in realtà piuttosto a rilento: le sottoscrizioni, nel 1° giorno, hanno sfiorato € 1MD, circa la metà rispetto alla precedente emissione.
In rafforzamento il Treasury a 1,47%.
€/$ sempre in area 1,16.
Tocca nuove “vette” il bitcoin, che questa mattina arriva a superare i $ 68.000.
Ps: in un’intervista al Corriere della Sera, Riccardo Piatti, uno dei coach “guru” del tennisti mondiale, ci spiega quando capì perché Sinner sarebbe diventato uno dei più forti tennisti al mondo (nonostante sia ancora giovanissimo). Durante uno stage all’isola d’Elba, qualche anno fa (all’epoca Sinner era un ragazzo di 13 anni), una mattina tutti i ragazzi presero a tuffarsi da uno scoglio. Sinner (non dobbiamo dimenticare le sue origini altoatesine, per cui il nuoto non era certo il suo “piatto forte”) fece, senza averlo mai fatto prima, un salto mortale. Quando riemerse, nello stupore generale, gli venne chiesto come aveva fatto a riuscirci. Candidamente rispose che, mentre era in aria, pensò che se avesse fatto 2 capriole consecutive, almeno una sarebbe riuscita. Insomma, ecco spiegato come fare ad alzare sempre di più “l’asticella”.